«Cercavo un verde capace di infondermi ottimismo e serenità, e l’ho trovato. È un colore che prima non esisteva e che, soprattutto, non era mai stato utilizzato per un’auto nata già di per sé deluxe, ma che ora – grazie al colore – è diventata unica».
Molto prima dei tempi attuali, che hanno eletto il verde a simbolo delle battaglie contro il “cambiamento climatico”, già all’inizio degli anni Duemila Carlo Rampazzi aveva intuito l’energia straordinaria che il verde emana e che racchiude nel suo DNA il potere solare del giallo e la profondità siderale del blu.
Forse anche perché nato sotto il segno “naturalista” del Toro, l’architetto ha scelto il verde per l’auto dei suoi sogni. Di certo non avrebbe potuto essere una tonalità standard: la scelta è ricaduta su un freschissimo verde Lemon, selezionato da Rampazzi in Inghilterra insieme al team Bentley.
Fece verniciare una berlina a quattro porte (il modello è la Continental Flying Spur), che raggiunge i 559 cavalli di potenza per una velocità massima di 312 km/h. L’auto è stata accuratamente personalizzata nella nuance anche negli interni, per diventare non solo un oggetto-scultura, ma una proiezione dello stile del suo proprietario e del suo modo di vivere il viaggio e la vita.
«Dopo mesi di prove e campionature, mi sono innamorato di questo colore magnetico, che mi rende felice solo a guardarlo e che sento affine alla mia personalità», spiega il designer. L’associazione cromatica con la buccia degli agrumi è fin troppo evidente, ma il verde Lemon di Rampazzi è molto di più: «Non è né metallico né satinato, non è né freddo né caldo: è una tonalità che cambia a seconda della luce e del clima, dei bagliori del sole e delle gocce di pioggia. Suggerisce che questa mia auto assomiglia un po’ all’umore, agli incontri, alle emozioni che – per fortuna – non sono mai le stesse».
Non è raro incontrare Rampazzi non lontano dal suo studio di Ascona mentre scende dalla Bentley indossando un paio di stivaletti in pelle tinti a mano che la sua amica, la “shoes designer” Olga Berluti, ha creato su misura per lui, ispirandosi proprio al colore della carrozzeria.
Ed è altrettanto frequente che, durante i lunghi spostamenti “in auto”, l’architetto porti a tracolla un’altra sua “piccola, grande follia”: il porta-mela che nel 2003 fece realizzare all’atelier delle Commandes spéciales di Hermès seguendo un suo disegno, e che col tempo è diventato un’icona della celebre Maison parigina.
«Era un periodo in cui seguivo una dieta, e gli spuntini dovevano essere a base solo di mele», ricorda l’architetto. «Vivevo quella prescrizione con disagio, e mi pesava l’idea di dover portare la frutta in ufficio nella solita scatoletta triste. Per questo decisi di trasformare il momento dello snack in un rituale estetico e ludico».
Così nacque, dall’immaginazione visionaria di Rampazzi e dall’inarrivabile savoir faire degli artigiani Hermès, la busta in pelle verde Lemon, completa di foglie e picciolo, rivestita internamente da un guscio d’argento (che, tra l’altro, è anche un materiale antibatterico). Il tutto completato da una lunga tracolla e da un piccolo coltello, per avere sempre a portata di mano il necessario per uno spuntino colorato e salutare.
Il porta-mela di Carlo Rampazzi è rimasto un pezzo unico, che fino al 2020 Hermès ha esposto in numerose mostre in tutto il mondo.
(Scritto da Fiammetta Bonazzi)

